LIONELLO MANFREDONIA

Balla coi pupi

Il nuovo responsabile tecnico delle minori giallorosse studia a Coverciano per diventare dirigente professionista.
I "ragazzi" gli regalano successi...
di GIORGIO LO GIUDICE

L' espressione tranquilla e rilassata di Lionello Manfredonia è il simbolo del nuovo mestiere abbracciato ora in forma professionale.
Studia Lio come non era riuscito a fare neppure a 16 anni quando la mania del pallone lo aveva distolto dalla scuola. Un corso da manager che frequenta a Coverciano mettendo in pratica tutti i giorni a Trigoria e dintorni, quello che è scritto sui libri oppure ha discusso in aula.
La sua nuova carica di responsabile tecnico del Settore Giovanile della Roma la vive con passione ed intensità, anche se per ora non ha inciso più di tanto in quella che era la precedente struttura: «Non mi sembrava giusto - spiega l'ex centrocampista - arrivare e fare la rivoluzione così, per partito preso, tanto per far vedere che a dirigere c'era una persona nuova nello staff. Ritengo sia doveroso dare tempo agli allenatori ad esempio, di dimostrare cosa valgono. Quando posso mi trattengo interi pomeriggi sui campi dove si allenano le varie formazioni, così posso vedere all'opera i tecnici e valutare personalmente il loro modo di lavorare ed il rapporto che hanno con i ragazzi. Al termine della stagione tireremo le somme di quanto ha prodotto il settore e si vedrà se esiste la necessità di modificare qualcosa oppure se la situazione va bene così com'è. Di certo è cambiato anche il mio rapporto con la società rispetto all'anno scorso. Infatti ero a mezzo servizio tra prima squadra e Settore Giovanile, ora invece lavoro solamente con il secondo».
Interlocutori di Manfredonia sono Ermenegildo Giannini, segretario del settore, padre del "Principe" ed il vicepresidente Mauro Leone, delegato dal consiglio a sovraintendere al movimento giovanile al quale la Roma per tradizione, fin dai tempi dell'ingegner Viola e di Ranucci, ha sempre tenuto. Una tradizione che per fortuna non è andata perduta.
«Metto in pratica giornalmente qui a Trigoria quello che studio nella teoria a Coverciano - prosegue Lio - quindi un circolo perfetto. Sui ragazzi dò il parere tecnico che è vincolante, il resto non mi riguarda. In parole povere se ritengo che un giovane merita di entrare in una delle formazioni giovanili dò il mio assenso, ma la parte amministrativa e quella legata al tesseramento esulano dalla mia competenza. Oltre questo tipo di lavoro organizzo per conto della Roma dei raduni giovanili nei quali visioniamo gruppi di ragazzi che ci sono stati segnalati dagli osservatori, oppure intere società».
- Torniamo agli allenatori, non è cambiato proprio nulla nello staff?
«Solo un piccolo spostamento. È entrato Bruno Conti, un acquisto eccellente per tutti noi e Quintini che preparava gli Esordienti, è diventato il tecnico che cura i portieri di tutte le formazioni, per dare un indirizzo unico ai giocatori, normale visto che si tratta di un ex di questo ruolo».
- Conti ed i giovanissimi un binomio azzeccato?
«L'entusiasmo di Bruno è contagioso. Sotto questo aspet­to è peggio dei ragazzini. Lega benissimo, gli vogliono bene tutti, anzi lo adorano e pendono dalle sue labbra. Lui stesso è stato felice di partire dal primo gradino, con la solita umiltà che ha sempre contraddistinto ogni suo atto».
- Cosa c'è nei programmi futuri del settore?
«Ho anticipato che fino ad oggi ho preferito girare, osservare e prendere appunti. Però sono già passato nella fase operativa in certe situazioni che a mio parere sono da rivedere. Ad esempio noi abbiamo delle scuole calcio sparse in tutta Roma e provincia. Ho preparato una proposta che dovrebbe modificare completamente questa situazione. La creazione di otto società pilota, quattro in città e quattro una ciascuna per provincia a Rieti, Latina, Frosinone e Viterbo. Queste dovrebbero risultare il nucleo nel quale confluiscono tutte le altre. Una situazione forse più complessa ma sicuramente meno dispersiva. La Roma dovrebbe poi contribuire al mantenimento di queste squadre "pilota" ed averne in cambio gratuitamente gli elementi migliori da inserire nelle proprie giovanili.
Mi pare chiaro il riferimento di formazioni nelle province, questo deve creare un legame in modo tale che non possa sfuggire nessun elemento valido del Lazio come purtroppo accaduto in passato.
Ritengo che un simile sistema oltre a creare una rete più razionale, farebbe risparmiare soldi alla società.
Restare con 90 scuole giovanili da seguire è troppo dispersivo e difatti in passato non è che ci siano stati grossi vantaggi in tal senso».
- Come vanno al momento le varie formazioni?
«Direi bene, siamo soddisfat­ti anche se c'è un piccolo neo da cancellare. Una sconfitta patita nel derby con gli Allievi Nazionali. Queste battute d'arresto sono sempre negative, anche se vanno prese con un certo spirito. Nella norma mi pare che siamo ai livelli della stagione passata che è stata tra l'altro una delle migliori del Settore Giovanile. Tutte le squadre sono prime o seconde nei vari campionati di competenza e non è un compito così facile perché dovunque si va la Roma è sempre la squadra da battere».
- La maggior soddisfazione in questo nuovo compito? Qualche talento già scoperto?
«Per quelli ci vuole un pò di tempo, non si inventa nulla. A livello giovanile si fa presto a passare da uno stato di entusiasmo ad un altro di delusione. I giovani fanno cambiamenti repentini e con loro si modifica carattere e modo di comportarsi, quindi anche l'approccio con il gioco del calcio. Direi che mi gratifica molto il rapporto con la gente, fatto di stima e di correttezza, non è poco in un mondo così difficile come quello calcistico».
- Cosa riserverà il futuro?
«Cosa spero che mi riserverà. Considero questo lavoro un trampolino di lancio, un'esperienza utilissima. Una volta diplomato manager potrò avere una visione veramente completa del mondo del calcio, possedendo già quella agonistica e maturare l'ambizione di lavorare nel mondo professionistico ad alto livello. Serie B? Serie A? Non è un problema e comunque c'è tempo, ora pensiamo alla Roma ed ai suoi giovani».

Tratto da La Roma novembre 1991

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